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THE AVIATOR
(THE AVIATOR)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 27 gennaio 2005
 
di Martin Scorsese, con Leonardo Di Caprio, Cate Blanchett, Kate Beckinsale, John C. Reilly, Alec Baldwin, Aland Alda, Ian Holm (Stati Uniti, 2004)
 
Film di commissione, voluto da Leonardo Di Caprio come a suo tempo il capolavoro RAGING BULL, imposto ad uno Scorsese allora in piena crisi da Robert de Niro, THE AVIATOR non è la biografia di uno dei personaggi più estremi, creativi ed autodistruttivi, in definitiva emblematici del fascini e del rischi di quel Sogno che è alla base della cultura americana. Non fosse che per la semplice impossibilità di racchiudere nei pur non indifferenti 165 minuti di un film le vicissitudini enormi di un miliardario del petrolio malato delle sfide più impossibili nei confronti delle proprie passioni: il cinema e l'aviazione, l'irrefrenabile desiderio di conquista e di seduzione che ne faranno il compagno impossibile di 150 e passa amanti. E che amanti…, da Katherine Hepburn a Ava Gardner, Jean Harlow, Gene Tierney, Rita Hayworth, Cyd Charisse, Elizabeth Taylor, Marylin, Jane Russell. Prima di segregarsi nell'attico del Desert Inn di Las Vegas, per oltre dieci anni lontano dalla luce del sole, recluso propria sordità e nel terrore dei microbi, precluso alla vista di ogni suo prossimo, ignorato alla sua morte da qualsiasi parente, amico o conoscente.

Scorsese (ma, meglio, la sceneggiatura che gli consegna il John Logan de IL GLADIATORE; e la libertà conquistata nei confronti della Miramax del dispotico Harvey Weinstein ed i traumi provocati dal precedente GANG OF NEW YORK) compie allora una scelta determinante: descrivere soltanto il periodo compreso tra il 1925 dell'arrivo di Howard Hughes a Hollywood ed il 1947 della sua ultima vittoria, il successo nei confronti della Commissione d'inchiesta senatoriale ed il volo del suo Hercules, il gigante dell'aviazione. Tutto nel segno di quella somma cinematografica nel genere che risponde al nome di CITIZIEN KANE, al quale il film si riferisce più volte esplicitamente, il risultato di quella decisione è una prima parte luminosa, quasi disincantata, in un universo cinico e ambiguo che Scorsese non si cura di stigmatizzare, e piuttosto insolita nella carriera di uno dei registi più focosi e travagliati del cinema moderno. Una parte impreziosita da molte gemme, ma pure frenata nella fluidità da squilibri di tempo e di luogo che non giovano all'armonia e alla lucidità dell'itinerario. Certo, le gemme. La solita grande direzione degli attori che ci regala un Di Caprio meravigliosamente giovanile e volitivo, prima dei segni della nevrosi incipiente; o una straordinaria Cate Blanchett, che di Katherine Hepburn ci restituisce con infinita sensibilità tutte le vibrazioni di una diva e di una grande attrice in divenire. Sequenze di grande maestria e fascino, il pranzo petulante dagli Hepburn “di sinistra”; e, prima fra tutte, il volo notturno della coppia sopra Los Angeles, dove l'incedere soave della visione registica riproduce meravigliosamente il sogno, la poesia ma pure l'illusione che animano, e minacciano i protagonisti.

Nella seconda parte di THE AVIATOR si precipita con la sequenza terrificante del più celebre degli incidenti aerei di Hughes. Vi ritroviamo, quasi d'incanto, tutto il furore disperato del genio cinetico di uno dei più grandi veristi del cinema contemporaneo. La svolta che conduce il film ed il suo protagonista verso gli abissi di quegli inferni, di quelle Passioni, di quelle martirologie che da TAXI DRIVER in poi hanno condotto a capolavori come RAGING BULL o CASINO. Presagi ne avevamo già avuti: e quel fantasma luciferino che tra i fumi si avvicina al corpo straziato in fiamme del protagonista ne è la conferma: il destino visionario ed invincibile dell'inventore degli aerei più veloci e più grandi, dell'idea del volo transatlantico, del creatore delle sfide cinematografiche più provocatorie, dell'amante di tutte le donne più desiderabili del mondo non sarà mai più il medesimo. Solo gli sarà concesso il privilegio di condurre fino agli estremi confini la propria follia.

Scorsese, forse giudiziosamente, mostra soltanto le premesse della terribile discesa agli inferni di Hughes, la nudità, la fobia, le cicatrici. Ma sul filo di un montaggio che sa cogliere i miracoli di certi accostamenti, dell'eleganza di uno sguardo che si appoggia sui significati cromatici dei vari technicolor d'epoca, la maestria nel cogliere certi scontri psicologici (formidabili quelli fra l'ardimento spregiudicato del miliardario e l'ambiguità morale e civile del senatore alla testa della Commissione), delle sapienti scenografie di Dante Ferretti va diritto a quello che finisce per assomigliare, un po' paradossalmente, un happy end. Un finale nel segno non proprio inedito delle virtù e degli inconvenienti del Sogno americano.

Esempi quasi ovvii di bravura, i due spezzoni di THE AVIATOR arrischiano cosi di non rappresentare compiutamente l'impossibile tragitto esistenziale di Howard Hughes. Ma nemmeno una di quelle parabole cosi significative nelle quali il cinema di Martin Scorsese affondava le più realistiche delle sue ricreazioni di ambienti e situazioni. In un film non si sa se sereno o un pò stanco, l'autolesionismo dei suoi tassisti, pugili e bricconcelli vari, cosi vicini alla Grazia da essere tentati dalla redenzione, cosi consci della mediocrità corrotta da essere tentati di guadagnarsi la loro fetta di paradiso attraverso un calvario privato, l'universo scorsesiano per definizione, insomma, sembra diluirsi nella facilità quasi giubilatoria di THE AVIATOR.


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